Madonna della Carbonara

Tempera su tavola
Fine XII – inizi XIII sec.
Ignoto di scuola romana
cm. 40 x 80
 
 

Si tratta di un’icona bizantineggiante ma di scuola romana e rappresenta la Madonna Odighitria, particolare raffigurazione della Madonna a mezzo busto con in braccio il Bambino benedicente con le Sacre Scritture. Il dipinto è costituito da una tavola di castagno, la cui notevole incurvatura e due lesioni che la percorrono sono state corrette con l’inserimento di dieci cunei di legno dello spessore della stessa. L’incamottatura in tela non copre i margini della tavola, lasciando ipotizzare un cambio del supporto originario con trasporto da tavola a tavola. 

La documentazione storica utile per una sicura contestualizzazione dell’opera è ancora oggi decisamente lacunosa. Le fonti sono concordi nel derivare la tradizionale denominazione di Madonna della Carbonara dalla sua provenienza dalla chiesa viterbese di S. Maria della Carbonara; nessuna documentazione accerta la presenza del dipinto nella chiesa precedentemente al 1524, quando i cavalieri gerosolimitani giunsero a Viterbo da Rodi dopo la sconfitta a opera dei Turchi. La chiesa a sua volta deriva l’appellativo dal fatto di essere stata costruita in luogo di una fortificazione cittadina comunemente detta “carbonaia” poi distorta in “carbonara”.

La tradizione vuole che i cavalieri portarono da Rodi numerose immagini sacre alcune delle quali furono lasciate a Viterbo come ringraziamento per l’ospitalità ricevuta, tra queste la Madonna di Filermo, la Damascena e la Eleimoneitria. Le prime due risultano storicamente identificabili con dipinti ancora presenti a Viterbo, la terza è ipoteticamente identificabile proprio con la Madonna della Carbonara.

La tavola portata nel corso del tempo nella chiesa di Santa Maria Nuova, vi rimase fino al 1911 quando, per volontà del cardinale Pietro La Fontaine, fu trasferita nella Cattedrale di Viterbo. La Fontaine caricava l’immagine della Vergine col Bambino e la sottostante iscrizione: ALMA VIRGO PARTI Q(ui) FALSA SOFIA NEGAVIT di una peculiare significanza in chiave anti-catara. In occasione del trasferimento si registra il primo intervento di restauro noto, molto invasivo sia per le numerose ridipinture, sia per lo spesso strato di riverniciatura sovrapposta; l’intervento venne eseguito da Francesco Cochetti, all’epoca impegnato nel restauro dei dipinti del Museo Civico in procinto di essere aperto al pubblico. L’opera nel 1986 fu trafugata e recuperata poi dai carabinieri del Nucleo Tutela Beni Culturali, fu sottoposta a un nuovo intervento di restauro.

Dal 2000 è esposta presso il Museo del Colle del Duomo di proprietà della Diocesi di Viterbo.

 

 

BIBLIOGRAFIA

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